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Narra della maledizione dei Panàpi, antica famiglia di vati che vantava di discendere direttamente da Apollo. Una catena di decessi che trova un senso solo nella confessione di un investigatore privato, filosofo e mago. La Carrapipa, dove è ambientata la vicenda, non ha nulla a che fare con quella sicula omonima, ma è metafora di un mondo parallelo. Pur nella metafora e nell'ironia, che sboccherà prepotente nel seguito di Ganimedònica, si mantiene nella dimensione del giallo. Il perno della vicenda rimane sempre Ganimede, simbolo della perpetua efebità, rapito perciò da Giove per non mischiarlo con la specie umana decaduta, e per questa una maledizione.